Con la sentenza n. 54010 del 3 dicembre 2018, la Sezione IV della Cassazione torna sul tema della responsabilità penale del committente di un appalto per infortuni sul lavoro.
Nel caso portato all’attenzione della Corte il committente veniva condannato per l’omicidio colposo di un operaio, precipitato sul piano di calpestio posto quattro metri più in basso, dopo essere caduto in una botola protetta con assi di legno di insufficiente spessore.
L’inadeguatezza della misura di protezione e la sua immediata percepibilità sono il tema centrale della sentenza in commento.
Come noto, nell’ambito di un contratto di appalto sussistono diverse posizioni di garanzia e “ciascuno è per intero destinatario dell’obbligo di tutela impostogli dalla legge” (Cass. Pen., 16 maggio 2012, n. 18826, Pezzo, rv. 253850; Cass. Pen., Sez. III, 22 agosto 2016, n. 35185; Cass. pen. Sez. IV, 01 dicembre 2004, n. 46515 riv. 230398). Il committente è detentore di una autonoma posizione di garanzia e la nomina di un preposto non vale ad esonerarlo dalle sue responsabilità (il d.lgs. n. 626 del 19 settembre 1994, art. 7 trasfuso nel d.lgs. n. 81 del 9 aprile 2008, art. 26).
Compito primario del committente è quello di scegliere un appaltatore idoneo e qualificato che offra garanzia di corretta esecuzione del lavoro e di rispetto della normativa di settore. Durante l’esecuzione dei lavori, inoltre, egli è tenuto vigilare sul rispetto delle misure generali di tutela della salute e sicurezza sul lavoro.
Tale compito non impone al committente un controllo minuzioso, continuo e capillare delle lavorazioni. La giurisprudenza insegna che la responsabilità deve valutarsi in concreto, tenendo in considerazione le capacità organizzative dell’appaltatore, la specificità dei lavori da eseguire, i criteri utilizzati nella scelta della ditta esecutrice, l’ingerenza del committente nell’esecuzione dei lavori, nonché, si badi, la percepibilità di situazioni di pericolo (Cass. Pen., Sez. III, 22 agosto 2016, n. 35185, rv. 267744; Cass. Pen., Sez. IV, 31 maggio 2017, n. 27296; Cass. Pen., Sez. IV, 2 novembre 2015, n. 44131, Heqimi ed altri, rv. 264974; Cass. Pen., Sez. IV, 30 gennaio 2012, n. 3563, Marangio e altri, rv. 252672).
È proprio quest’ultimo criterio il punto focale della decisione in commento.
Infatti, nel caso di specie il ricorrente si lamenta del fatto che le pronunce di merito non avrebbero correttamente valutato il tema della conoscibilità della situazione di pericolo. Secondo l’imputato solo specifiche conoscenze tecniche, da lui non possedute e non richieste, gli avrebbero consentito di apprezzare l’insufficienza di quella copertura della botola (le tavole avrebbero dovuto essere più spesse di 1 cm) e dunque di impedire l’evento.
La Corte ha tuttavia ritenuto che la pericolosità “non poteva sfuggirgli” perché palese, tanto più considerando il fatto che l’imputato era costantemente presente in cantiere. Su questo presupposto, la responsabilità del committente non poteva essere esclusa: è indubbio, infatti, che il committente debba rispondere dell’infortunio quando “la mancata adozione o l’inadeguatezza delle misure precauzionali sia immediatamente percepibile senza particolari indagini”.
Si tratta di un principio confermato a più riprese dalla stessa Sezione IV (Cass. Pen., Sez. IV, 7 marzo 2013, n. 10608, Bracci, rv. 255282; Cass. Pen., Sez. IV, 20 aprile 2017, n. 19026; Cass. Pen., Sez. IV, 9 febbraio 2016, n. 23171, Russo ed altro, rv. 266963; Cass. Pen., Sez. IV, 14 luglio 2006, n. 30857, Sodi, rv. 234828). Tale principio è coerente con la previsione di cui all’art. 26 c. 3 d.lgs. n. 81 del 2008, secondo cui il datore di lavoro committente deve promuovere la cooperazione e il coordinamento nell’ambito della protezione e prevenzione dai rischi, ma tale obbligo non si estende “ai rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi”.
L’esonero di responsabilità, di conseguenza, è possibile quando il “rischio da governare” appartiene alla competenza specifica dell’appaltatore ovvero quando il controllo sulle cautele antinfortunistiche richiede competenze tecniche speciali che non appartengono, possiamo dire, alla competenza media del committente (Cass. Pen., Sez. III, 24 marzo 2015, n. 12228, Cicuto, rv. 262757; Cass. Pen., Sez. IV, 9 febbraio 2018, n. 6499).
In conclusione rimane fermo il principio secondo cui “qualora il lavoratore presti la propria attività in esecuzione di un contratto di appalto, il committente è esonerato dagli obblighi in materia antinfortunistica, con esclusivo riguardo alle precauzioni che richiedono una specifica competenza tecnica nelle procedure da adottare in determinate lavorazioni, nell’utilizzazione di speciali tecniche o nell’uso di determinate macchine (…). Tuttavia va anche ribadito – ed è il caso che ci occupa – che il committente è titolare di una autonoma posizione di garanzia e può essere chiamato a rispondere dell’infortunio subito dal lavoratore qualora l’evento si colleghi causalmente ad una sua colpevole omissione, specie nel caso in cui la mancata adozione o l’inadeguatezza delle misure precauzionali sia immediatamente percepibile senza particolari indagini”.