La crisi economica causata dalla pandemia può scriminare l’omesso versamento delle imposte?

L’emergenza sanitaria determinata dal cd. Covid-19 ha colpito duramente ed improvvisamente le realtà imprenditoriali del nostro Paese. Ci si chiede allora se questa diffusa e generalizzata difficoltà economica, certamente inaspettata ed inevitabile, possa scriminare la condotta dell’imprenditore che omette di versare i tributi dovuti.

Com’è noto, il legislatore sanziona penalmente la condotta di colui che ometta di versare le ritenute dovute o certificate e l’IVA, laddove siano superate determinate soglie di punibilità (artt. 10 bis e 10 ter d.lgs. 74/2000).

Entrambe le fattispecie di reato, per la loro integrazione, richiedono quale elemento soggettivo il dolo generico, per cui è sufficiente la consapevolezza e la volontà di non adempiere al debito tributario entro il termine previsto, non occorrendo finalità ulteriori, come quella di evadere le imposte o frodare il Fisco.

Da questo punto di vista il problema è quello di qualificare la condotta di colui che non abbia versato le imposte a causa di insormontabili difficoltà economiche o per assoluta carenza di liquidità.

Un primo e più rigoroso orientamento giurisprudenziale, avallato anche dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sent. 28.3.2013 n. 37425), ritiene che “ogniqualvolta il soggetto d’imposta compie l’operazione riscuote già dall’acquirente del bene l’IVA dovuta e deve, quindi, tenerla accantonata per l’Erario, organizzando le risorse disponibili per poter far fronte al debito tributario. Non può quindi essere evocata, per escludere la colpevolezza, la crisi di liquidità del soggetto attivo al momento della scadenza del termine lungo, ove non si dimostri che la stessa non dipenda dalla scelta di non far debitamente fronte alla esigenza predetta”.

Tuttavia, la crisi che sin dai primi anni 2000 ha investito il nostro sistema economico, con conseguente proliferare di situazioni di grave crisi di impresa, ha sottoposto all’attenzione dei giudici numerosi casi nei quali gli imprenditori-contribuenti si sono difesi giustificando l’omesso versamento dei tributi con la impossibilità di farlo. Tale fenomeno ha generato un filone giurisprudenziale piuttosto ricco nel cui ambito sono emerse decisioni che, seppur in casi eccezionali, hanno ammesso tale linea difensiva.

Si è allora affermato che in presenza di una grave crisi di liquidità, l’imprenditore può andare esente da responsabilità se dimostra di aver posto in essere senza successo e per causa a lui non imputabile tutte le misure, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, idonee a reperire la liquidità necessaria per adempiere al debito tributario (tra le altre, Cass. pen., Sez. 3, sentenza del 4.10.2019 n. 50007, Cass. pen., Sez. 3, sentenza del 9.10.2013, n. 5905; Cass. pen., Sez. 3, sentenza del 08.01.2014 n. 15416; Cass. pen., Sez. 3, sentenza del 05.12.2013 n. 5467, Cass. pen., Sez.3, sentenza del 09.09.2015 n. 43599).

Deve trattarsi insomma di una situazione di forza maggiore, al cospetto della quale l’imprenditore nulla ha potuto fare. E tale non è la necessità di pagare lo stipendio ai dipendenti oppure i fornitori.

Spiega infatti la giurisprudenza che ”L’imprenditore (n.d.r. in difficoltà economica) che preferisce utilizzare la liquidità disponibile per procurarsi materie prime, continuare le lavorazioni e pagare i dipendenti, versando i contributi previdenziali e assicurativi, quand’anche ciò sia provato e giustificato da finalità di impresa, cionondimeno realizza il presupposto dell’inadempimento consapevole all’obbligo di corresponsione in favore dell’Erario, avendo questi il preciso dovere di assicurare la relativa provvista” (Cass. pen., Sez. III, sentenza del 17.06.2015 n. 33021).

Tornando ai nostri giorni, è a tutti noto che il Governo si è dovuto confrontare con il problema delle imminenti scadenze fiscali e a tal fine ha introdotto, con il D.L. n. 18 del 2020, alcune misure volte a sostenere le realtà economiche maggiormente colpite dalla pandemia, concedendo una sospensione dei termini per i versamenti a soggetti specificatamente indicati.

Non pare rilevante ai fini di questo breve intervento analizzare le singole misure introdotte dal Governo, in quanto altre competenze, migliori delle nostre, saranno in grado di illustrare sotto questo profilo il contenuto del provvedimento.

E’ utile invece evidenziare che il Decreto cd. “Cura Italia” non esime dal pagamento dei tributi dovuti ma concede la possibilità, sempre rinunciabile dal contribuente, di posticiparne l’adempimento.

Detto in altri termini, l’attuale situazione di emergenza sanitaria determinata dal diffondersi del cd. Covid19 è senza dubbio un evento imprevedibile ed inevitabile, che ha comportato e comporterà rilevantissimi riflessi economici. Lo stesso Legislatore ha però disposto che il pagamento dei tributi resta dovuto, ancorché con la possibilità di posticipare il versamento rispetto ai termini originari, dimostrando così di non ritenere la pandemia una causa di “forza maggiore”.

Resta inteso, comunque, che il giudice del singolo caso avrà

la facoltà di verificare se il pagamento sia stato veramente impossibilitato e, quindi, se ricorrano gli estremi per applicare la scriminante nei termini, rigorosi, precisati dalla giurisprudenza che si è sinteticamente richiamata.

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