Classificazione dei rifiuti e nuove Linee Guida Ministeriali.

Come previsto dall’articolo 184, comma 5, del D.Lgs. n. 152 del 2006, sono state approvate le Linee Guida per la classificazione dei rifiuti.

Il documento, che consta di più di 170 pagine, contiene sia indicazioni di tipo tecnico che giuridico.

Dal punto di vista formale, le Linee Guida sono state redatte dal SISTEMA NAZIONALE per la PROTEZIONE DELL’AMBIENTE (SNPA) e sono state approvate con il Decreto Ministeriale 9 agosto 2021, n. 47.

Nella gerarchia delle fonti, dunque, esse costituiscono fonti secondarie, ossia norme che non possono derogare alle leggi e agli atti aventi forza di legge e che, soprattutto, non vincolano il giudice come le fonti primarie. Fatto, questo, che potrebbe causare alcuni problemi applicativi.

Il documento è articolato e complesso ed evidenzia che il processo di classificazione dei rifiuti è costituito da diverse fasi che culminano in una valutazione, un giudizio.

Il processo di classificazione parte dall’individuazione dell’origine e del processo produttivo che ha portato alla generazione del rifiuto (prima fase).

La prima operazione consiste nel verificare se sia effettivamente applicabile la normativa sui rifiuti o se si debbano applicare altre normative specifiche. (Linee Guida, pag. 28)”. Sul punto la Guida non offre particolari indicazioni pratiche, giacché si limita a richiamare quanto disposto dal testo Unico Ambientale.

La seconda fase è finalizzata ad individuare il pertinente codice europeo da attribuire al rifiuto per stabilire se sia assolutamente pericoloso, non pericoloso oppure con c.d. “codice a specchio” che, come noto, può essere pericoloso o meno in base alla quantità di contaminante in esso presente.

La terza fase descritta nel documento è invece finalizzata alle modalità di classificazione dei rifiuti pericolosi, con particolare riferimento a quelli con codice a specchio.

Le Linee Guida hanno preso una posizione esplicita, confortati anche dalla fondamentale decisione della Corte di Giustizia Europea del 28 marzo 2019, in merito alla dura diatriba scaturita da un certo orientamento della Corte di Cassazione Italiana, relativa alle modalità di ricerca dei contaminanti.

I giudici nostrani pretendevano che nel processo di classificazione si procedesse con il c.d. metodo della certezza, vale a dire che si ricercassero tutti i possibili contaminanti che la tabella di legge prevede per la classificazione della pericolosità del rifiuto.

Di contrario avviso coloro che ritenevano invece sufficiente limitare l’investigazione ai contaminanti che è ragionevole attendersi di trovare.

Le Linee Guida hanno sposato quest’ultima tesi precisando che cosa debba intendersi con l’avverbio “ragionevolmente”.

Il produttore deve svolgere l’indagine prefigurandosi lo scenario realistico più sfavorevole. Deve ricercare le sostanze che, in base alle informazioni note sul processo produttivo dal quale si genera il rifiuto e alla chimica associata, è ragionevole (ossia probabile) trovare.

È dunque esclusa l’esistenza di un obbligo di ricerca “universale” dei possibili contaminanti.

Le Linee Guida hanno sostanzialmente fatto proprie le indicazioni della Corte di Giustizia Europea verso le quali, bisogna riconoscerlo, esiste ancora una certa resistenza da parte di alcuna giurisprudenza.

Come conoscere la composizione di un rifiuto?

Nel solco tradizionale, le Linee Guida rammentano che la conoscenza della composizione del rifiuto parte dalla cognizione del processo o dell’attività di origine, dall’utilizzo delle informazioni contenute nei documenti di accompagnamento, dal ricorso a banche dati sulle analisi dei rifiuti e, infine, alle analisi chimiche.

Tale ultimo accertamento, che costituisce certamente un aspetto delicato e spesso fonte di polemiche e fraintendimenti, non esaurisce in sé e per sé la fase di classificazione. Le analisi chimiche, anche quando sono obbligatorie per legge, costituiscono uno strumento di conoscenza che, insieme agli altri, consente di pervenire al giudizio finale di classificazione.

L’attribuzione della caratteristica di pericolosità del rifiuto è una valutazione: è affermato testualmente nelle Linee Guida (pag. 32).

Da che ne deriva che il processo di classificazione deve essere documentato, al fine di dare evidenza delle ragioni per le quali si è pervenuti a quella valutazione. Tanto più accurato sarà stato il processo cognitivo, tanto più diligente sarà stata la sua conclusione finale.

La documentazione del processo, sebbene non garantita da norme cogenti e sanzionatorie, costituisce però un fattore fondamentale per la salvaguardia delle ragioni del produttore dei rifiuti.

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