La sentenza della Corte di Cassazione, IV sezione penale n. 31478 del 23 agosto ’22 si segnala per l’enunciazione di alcuni principi innovativi, soprattutto perché in disaccordo con precedenti specifici.
L’autista di un autocompattatore, procedendo in retromarcia per reimmettersi nella via pubblica dopo aver raccolto i rifiuti, investiva un passante cagionandone la morte. Per tale fatto sono stati accusati e condannati sia in primo grado che in appello il preposto con funzioni di Capo Servizio, il datore di lavoro e l’RSPP dell’azienda deputata alla raccolta rifiuti.
Preso atto che l’autista aveva attivato tutti i sistemi di sicurezza previsti, si è appurato che le telecamere posteriori non consentivano una visuale completa della strada, ma generavano un cono d’ombra che aveva impedito all’autista di accorgersi della presenza del pedone.
Si è dunque contestata una carenza nel DVR; la mancata esecuzione di sopralluoghi da parte del preposto sul luogo di raccolta dei rifiuti; la mancata adozione di mezzi idonei a consentire al conducente di esplorare in maniera completa la manovra di retromarcia e, infine, la mancata previsione dell’intervento di un secondo operatore che avrebbe consentito al manovratore di agire in maggior sicurezza.
La Corte di Cassazione ha ribaltato i verdetti di condanna dei giudici di merito osservando che l’infortunio mortale non è stato cagionato dal rischio che le norme cautelari erano finalizzate a prevenire, anche quando l’infortuna è un terzo non lavoratore.
Nell’ambito di un ragionamento più ampio relativo al tema della concretizzazione del rischio specifico, la sentenza si è quindi soffermata sul tema della rilevanza della conformità alla direttiva macchine del veicolo.
La Corte osserva che il mezzo, sebbene inadeguato perché inidoneo ad evitare il cono d’ombra visivo, era stato comunque omologato dal Ministero, certificato dagli organismi tecnici competenti ed era conforme alla Direttiva Macchine. Tutto ciò, “non imponeva al suo utilizzatore di provvedere ad ulteriori verifiche, stante l’affidamento che l’utente può riporre sulla valutazione svolta dall’ente preposto in relazione alla sicurezza del veicolo ed al suo uso, essendo, peraltro, escluso che l’utilizzatore possa portare autonomi modifiche senza sottoporle ad un nuovo vaglio di conformità.”
Spiega insomma la Corte che l’evento mortale è avvenuto per effetto di un difetto strutturale del mezzo che però, per effetto dell’omologazione e della conformità alla direttiva macchine, non era conosciuto né poteva esserlo.
Da qui la non prevedibilità dell’evento e l’annullamento della sentenza di condanna.
Si tratta di un arresto giurisprudenziale significativo perché, in disaccordo con l’orientamento prevalente, riconosce l’efficacia esimente del principio di affidamento sul corretto operato altrui.
Se le autorità preposte hanno ritenuto idoneo un macchinario, l’utente ha insomma diritto di presupporre che lo stesso possa essere utilizzato in sicurezza senza ulteriori accorgimenti.