Il 2023 si è chiuso con il deposito delle sentenze gemelle delle Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione, la n. 34419 e la n. 34452 dell’11 dicembre 2023 (già commentate su questo blog), che avevano affrontato la questione della qualificazione dei crediti di imposta indebitamente compensati, tracciando i confini delle nozioni di inesistenza e di non spettanza.
Tali pronunce, che da un punto di vista civilistico hanno messo fine ad una serie di decisioni in contrasto tra loro, si prefiggevano l’ambizioso obiettivo di fornire una linea interpretativa di portata tale da scongiurare un doppio binario di giudizio ed una diversa classificazione dei crediti di imposta in sede tributaria e in sede penale.
La giurisprudenza penale di legittimità, tuttavia, non pare essersi allineata.
La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6 del 2 gennaio 2024, ha dato seguito all’indirizzo interpretativo opposto rispetto a quello enunciato dalle Sezioni Unite civili, ritenendo che la definizione fornita dall’art. 13 del D.Lgs. n. 471/1997, che richiede ai fini della qualificazione del credito di imposta inesistente la sussistenza del duplice requisito della mancanza del presupposto e della non riscontrabilità della stessa mediante i cc.dd. controlli automatizzati, sia da ritenersi estranea alla materia penale e, per tale ragione, applicabile esclusivamente in sede amministrativo-tributaria.
Hanno chiarito i Giudici penali che “l’art.10 quater (n.d.r. del D.Lvo n. 74/2000) non richiama espressamente, ai fini definitori dei crediti inesistenti, il citato art. 13 anche se costituisce un dato inequivocabile, sottolineato dal ricorrente, che entrambe le norme sono state modificate dal medesimo D.Lgs. 158 del 2015. […] Proprio perché le norme sono state modificate con lo stesso testo normativo, il mancato richiamo dell’art. 13 nella fattispecie penale di indebita compensazione costituisce un forte argomento a sostegno della inapplicabilità della definizione di credito inesistente contenuta nella normativa tributaria.”.
In sede penale, dunque, il credito indebitamente compensato andrà annoverato tra quelli inesistenti, integrando così la più grave fattispecie delittuosa di cui al co. 2 dell’art. 10 quater D.Lgs. 74/2000, anche qualora l’inesistenza sia riscontrabile mediante i controlli automatizzati operati dalla Amministrazione Finanziaria.
Disconoscendo la definizione tributaria i Giudici penali hanno delineato una nozione di credito inesistente più ampia di quella amministrativa, discostandosi dall’orientamento indicato dalle Sezioni Unite civili.