Bonus edilizi: le fatture di acconto sono da considerarsi false se non coincidono con i SAL.

Una complicata vicenda ha fornito spunto alla Corte di Cassazione (sezione III penale sentenza 42012 del 8 novembre 2022) per alcune precisioni in materia di bonus fiscali connessi all’edilizia. Si tratta, come noto, dei vantaggi fiscali connessi ad opere edilizie di varia natura, quali quelle finalizzate al miglioramento della resa energetica (c.d. 110%), per l’adeguamento antisismico, ristrutturazione, bonus facciate e via dicendo.

Il meccanismo di fondo di queste agevolazioni è più o meno identico per tutte le tipologie di interventi: il proprietario dell’immobile oggetto di intervento può alternativamente detrarre dalla propria dichiarazione dei redditi una quota (variabile caso per caso) della spesa affrontata oppure può chiedere uno sconto in fattura corrispondente al valore del credito fiscale o, ancora, cedere a terzi il proprio credito fiscale. Nel primo caso il committente paga l’intervento per intero; nel secondo caso pagherà la differenza tra il credito fiscale ceduto (pari alla percentuale di “bonus” prevista dalla normativa fiscale) e il residuo della spesa.

Per poter beneficiare dei vantaggi fiscali è necessario che le opere siano effettivamente eseguite e completate.

Tuttavia, osserva la Corte, in virtù del principio di cassa è consentito utilizzare il credito fiscale anche nel caso di lavori eseguiti in parte e dunque fatturati per acconti, innanzitutto nel caso in cui l’avente diritto scelga di detrarre direttamente dalla propria dichiarazione di redditi le opere pagate. Resta ovviamente inteso che, ove i lavori non fossero poi conclusi nei tempi previsti dai titoli abilitativi, la detrazione sarà annullata.

Si tratta, insomma, di una detrazione “sub iudice”, provvisoria, condizionata, insomma, alla successiva conclusione dei lavori.


Nel caso di cessione a terzi o di sconto in fattura, invece, il meccanismo è diverso perché la possibilità portare in detrazione fatture per interventi edilizi non ancora completati è riconosciuta solo con riferimento ai lavori che risultano da appositi SAL (Stato Avanzamento dei Lavori). Anche in questo caso, dunque, in virtù del principio di cassa, è possibile portare a detrazione le fatture per interventi non ancora terminati, ma, spiega la Suprema Corte, coerentemente con quanto emerge dai SAL.

Se invece le fatture sono state emesse per opere diverse o, come nel caso esaminato dalla Suprema Corte, per lavori mai effettuati si integra il delitto di cui all’articolo 8 del D.Lvo 74/2000, vale a dire l’emissione fatture per operazioni inesistenti.

Non è perciò ammesso, contrariamente a quanto avviene nel caso di detrazione diretta, l’emissione di fatture per acconti, come avvenuto nella complessa vicenda oggetto della sentenza, che perciò, avendo ad oggetto opere mai realizzate o, comunque, difformi da quelle indicate nei SAL, non posso che essere considerate come aventi ad oggetto operazioni inesistenti.

Va da sé, quindi, che chi utilizzerà quelle fatture per ottenere i crediti fiscali, commetterà il delitto di cui all’articolo 2 del citato decreto, vale a dire la dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti.

Resta inteso ad ogni modo che anche nel caso in cui l’emissione delle fatture per acconto fosse regolare, ossia conforme alla quantità di opere risultanti dai SAL, il credito fiscale può essere riconosciuto soltanto se l’intervento edilizio sia concluso nei tempi previsti dal titolo abilitativo, pena la revoca delle detrazioni delle quali si è usufruito.

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