Usura bancaria. Novità dalle Sezioni Unite Civili sulla rilevanza della CMS nel calcolo del TEG

A distanza di quasi nove anni dall’entrata in vigore della legge n. 2 del 2009 che ha modificato, tra le altre cose, il regime della commissione di massimo scoperto (ora chiamata commissione per la messa a disposizione dei fondi), con la sentenza n. 16303 del 20 giugno 2018 le Sezioni Unite civili della Cassazione intervengono ancora sul tema della rilevanza della CMS nel calcolo del tasso effettivo globale nel periodo antecedente all’entrata in vigore della riforma.


La decisione in commento pone fine, non sappiamo se in via definitiva, a quel filone giurisprudenziale inaugurato dalla sentenza n. 12208 del 2010 con la quale la Cassazione penale affermò in maniera espressa che, nonostante le istruzioni della Banca d’Italia la escludessero, la CMS doveva essere considerata nel calcolo del TEG.

Secondo tale orientamento il tenore letterale dell’art. 644 c.p., comma 4, secondo il quale «per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate all’erogazione del credito», impone di considerare rilevanti, ai fini della determinazione della fattispecie di usura, tutti gli oneri che un utente sopporti in connessione con l’uso del credito. Tra essi rientra indubbiamente la commissione di massimo scoperto, trattandosi di un costo collegato all’erogazione del credito.


La tesi inclusiva della CMS nel calcolo del TEG avrebbe trovato conferma anche per il passato con l’approvazione della legge 28 gennaio 2009, n. 2, di conversione del d.l. 29 novembre 2008, n. 185, il cui art. 2 bis, ad avviso della Cassazione, «può essere considerat[o] norma di interpretazione autentica dell’art. 644 c.p., comma 4».


La decisione n. 16303 si pone, seppur con qualche distinguo, nel solco dell’orientamento sostenuto dalle sezioni civili della Cassazione. Anche se l’argomento viene ritenuto dai giudici non decisivo, si afferma che la disposizione di cui all’art. 2 bis del D.L. n. 185 del 2008 non può essere qualificata norma di interpretazione autentica dell’art. 644, comma 4, c.p. La norma, da un lato, non contiene alcun elemento che deponga in tal senso e, dall’altro, prevede una disciplina transitoria che è coerente con la sua natura innovativa. I supremi giudici escludono che il carattere interpretativo della norma possa essere riferito al comma 4 piuttosto che al comma 3 dell’art. 644 c.p. In altre parole non è possibile, salvo creare un’asimmetria non consentita, tenere conto della CMS nella rilevazione del TEG in concreto applicato e non nella individuazione del tasso medio (TEGM) e quindi nella soglia usuraria.


L’esclusione del carattere interpretativo, e quindi retroattivo, dell’art. 2 bis del D.L. n. 185 del 2008 non è però decisiva per stabilire la rilevanza o meno delle commissioni di massimo scoperto ai fini della verifica del superamento del tasso soglia usurario. La CMS, secondo le Sezioni Unite, rientra senza dubbio tra i costi collegati all’erogazione del credito menzionati dall’art. 644, comma 4, c.p. e di essa occorre tenere conto anche se i decreti ministeriali succedutisi negli anni la escludevano dal computo del TEGM e dunque dal tasso soglia. Ciononostante, i decreti ministeriali emanati nel periodo anteriore all’entrata in vigore del D.L. n. 185 del 2008 non sono illegittimi, perché essi non escludono la rilevanza delle commissioni di massimo scoperto dal calcolo del TEGM, in quanto esse vengono rilevate a parte ed espresse in termini percentuali: «La circostanza che tale entità sia riportata a parte, e non sia inclusa nel TEGM strettamente inteso, è un dato formale non incidente sulla sostanza e sulla completezza della rilevazione prevista dalla legge».


La sentenza richiama le modalità di rilevazione indicate dalla Banca d’Italia con il Bollettino di Vigilanza n. 12 del dicembre 2005: l’importo della CMS in eccesso rispetto alla soglia va confrontato con l’ammontare degli interessi (ulteriori rispetto a quelli in concreto praticati) che la banca avrebbe potuto richiedere fino ad arrivare alle soglie di volta in volta vigenti (“margine”). Se l’eccedenza della commissione rispetto alla “CMS soglia” è inferiore a tale “margine”, non vi è alcun supero delle soglie di legge.


In conclusione, con riferimento ai rapporti anteriori all’entrata in vigore delle disposizioni di cui alla legge di conversione n. 2 del 2009 – legge che non ha natura interpretativa ma innovativa – ai fini della verifica del superamento del tasso soglia usurario va effettuata la separata comparazione del tasso effettivo globale d’interesse praticato in concreto e della commissione di massimo scoperto eventualmente applicata, rispettivamente con il tasso soglia e con la “CMS soglia”. Tale verifica andrà compiuta in conformità alle previsioni della Banca d’Italia ed in particolare secondo le modalità di cui al Bollettino di Vigilanza n. 12 del dicembre 2005.


Questo è l’abstract di un articolo dedicato interamente a questo tema scritto dall’Avv. Andrea De Carlo che sarà pubblicato sul numero di agosto della rivista online Diritto ed economia dell’impresa.

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