Inquinamento di un sito e obbligo di comunicazione: su chi grava?

La Corte di Cassazione Penale, Sezione III, con sentenza del 23 gennaio 2020 n. 2686, è tornata a pronunciarsi sui presupposti applicativi del reato di omessa comunicazione di cui all’art. 257 comma 1 TUA, con specifico riferimento al soggetto attivo del reato.

Questa la vicenda processuale sottoposta all’attenzione della Suprema Corte: il Tribunale di Gela aveva assoltogli imputati dal reato di immissione incontrollata di rifiuti in acque superficiali/sotterranee di cui all’art. 256 commi 1 lett. a) e 2 TUA per non aver commesso il fatto, mentre li aveva condannati per il reato di cui all’art. 257 comma 1 TUA “perchè, il G. quale direttore generale, il GI. quale direttore tecnico ed il V. quale responsabile del settore gestione reti della società CALTACQUA – acque di Caltanissetta s.p.a., quali soggetti competenti ad effettuare le immediate comunicazioni di cui all’art. 242, nell’immediatezza del verificarsi di eventiinquinanti consistiti nello sversamento di liquami fognari non depurati su un’area di circa 500 metri quadrati di proprietà demaniale e privata, omettevano di inoltrare la comunicazione alle autorità competentiai sensi dell’art. 304, comma 2 o, comunque, di informare di detti eventi altri soggetti, parimenti legittimati ad effettuare la comunicazione di cui al predetto art. 242”.

Tutti gli imputati hanno presentato ricorso per cassazione, lamentando la contraddittorietà ed illogicità della motivazione perché il giudice di merito, da un lato, li aveva considerati estranei al fenomeno inquinante e, dall’altro, li aveva condannati per aver omesso la comunicazione di cui all’art. 242 TUA.

I Giudici di legittimità, nel ritenere fondato il motivo di impugnazione, hanno chiarito cheil soggetto tenuto alla predetta comunicazione è soltanto il responsabile dell’inquinamentoe non anche colui che, pur essendo proprietario del terreno interessato dalla contaminazione, non abbia cagionato il fenomeno inquinante.

A sostegno di tale interpretazione, il dato letterale degli articoli 242 e 257 TUA.

L’art. 242 TUA prescrive al comma 1 che, al verificarsi di eventi potenzialmente inquinanti, il responsabile dell’inquinamentodebba mettere in opera, entro ventiquattro ore, le necessarie misure di prevenzione e darne immediata comunicazioneal Comune, alla Provincia, alla Regione e al Prefetto ai sensi e secondo le modalità di cui all’art. 304 comma 2 TUA.

La mancata effettuazione della comunicazione secondo le modalità e nei termini prescritti è sanzionata penalmente dall’art. 257 comma 1 TUA, che individua il soggetto attivo del reato in “chiunque cagiona l’inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali o delle acque sotterranee”.

La Suprema Corte inoltre, in precedenti arresti, ha specificato che l’art. 257 TUA, sebbene richiami integralmente l’art. 242 TUA, si riferisce esclusivamente all’omessa comunicazione di cui al comma 1 e non anche agli obblighi di informazione previsti dai commi successivi: scopo del reato, infatti, è quello di sanzionare la mancata preliminare comunicazione ai soggetti individuati dalla legge affinché essi prendano cognizione della situazione e possano verificare lo sviluppo dell’attività ripristinatoria.

Tale obbligo, che insorge per il solo fatto che si sia verificata una situazione di potenziale pericolo, a prescindere dal superamento delle soglie di contaminazione, non viene meno neppure nel caso in cui la situazione di potenziale inquinamento sia rilevata dagli organi di vigilanza preposti alla tutela ambientale: “Il reato si configura, inoltre, anche nel caso in cui intervengano sul luogo dell’inquinamento gli operatori di vigilanza preposti alla tutela ambientale, in quanto tale circostanza non esime l’operatore interessato dall’obbligo di comunicare agli organi preposti le misure di prevenzione e messa in sicurezza che intende adottare, entro 24 ore ed a proprie spese, per impedire che il danno ambientale si verifichi (Sez. 3, n. 40856 del 21/10/2010, Pigliacelli, Rv. 248708, cit.).

Ulteriore argomento a sostegno dell’autonoma posizione del soggetto non responsabile dell’inquinamento è stato rinvenuto nel mancato riferimento, nella norma incriminatrice, all’art. 245 TUA, che prescrive in capo a quest’ultimo specifici obblighi di intervento e comunicazione.

Si legge nelle motivazioni della sentenza: “Sotto il profilo formale l’obbligo di comunicazione per gli “interessati non responsabili” risiede, in realtà, nell’art. 245 e non già nell’art. 242 richiamato unicamente dall’art. 245 stesso per la disciplina degli aspetti procedimentali, con la conseguenza che, se il legislatore avesse voluto fare riferimento nell’art. 257 anche a coloro che non hanno cagionato l’inquinamento, non solo avrebbe dovuto menzionare anche questi ultimi quali soggetti attivi del reato, ma necessariamente avrebbe dovuto fare riferimento all’art. 245(e non all’art. 242) per individuare l’obbligo di comunicazione gravante su questi ultimi.”

Sulla base di tali argomentazioni, quindi, il Supremo Collegio ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata per non avere gli imputati commesso il fatto.

Il giudice di merito ha affermato espressamente che gli episodi di sversamento erano correlati a circostanze non addebitabili alla società e agli imputati, in quanto dovuti a difetti di progettazione e costruttivi dell’impianto di depurazione, con la conseguenza che l’affermazione di penale responsabilità in capo agli stessi per l’omessa comunicazione di cui all’art. 242 TUA doveva essere considerata quantomeno contraddittoria.

Concludono, quindi, i Giudici di legittimità:Se, infatti, una comunicazione è mancata, essa non era comunque richiesta agli imputati, in ragione del riaffermato principio, perché estranei al fenomeno inquinante.”

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