L’imprevedibilità del comportamento dell’infortunato non esclude la responsabilità del datore di lavoro.
Un argomento che si ripropone sovente all’attenzione dei giudici penali è quello della valenza esimente del comportamento imprudente del lavoratore infortunato. Le difese degli imputati, spesso i datori di lavoro o i dirigenti, sostengono che la condotta imprudente del lavoratore costituirebbe la causa unica e sufficiente dell’evento che, come tale, esclude rilevanza agli altri fattori.
Sul piano giuridico l’argomento si traduce in un caso di applicazione dell’articolo 41 del
codice penale, ossia di interruzione del nesso causale.
La prospettiva tradizionale della Corte di Cassazione attribuisce però un effetto esimente per il datore di lavoro soltanto ai comportamenti del lavoratore che si caratterizzino per essere abnormi, del tutto eccezionali, assolutamente imprevedibili e non correlati allo svolgimento delle mansioni lavorative. Insomma, in casi rarissimi. Si sta però sviluppando una corrente di pensiero che, nell’ottica di “prendere le distanze dal tradizionale criterio della imprevedibilità del comportamento del lavoratore” ha posto l’accento sull’aspetto riguardante “l’attivazione di un rischio esorbitante della sfera governata dal soggetto agente”.
Cosa significa tutto ciò?
Si dice che la condotta colposa del dipendente è abnorme non tanto quando è
imprevedibile, ma quando è tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla
sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia, ossia il datore di lavoro e l’RSPP.
Il tema è in qualche modo legato a quello della c.d. concretizzazione del rischio:
locuzione con la quale si vuole significare che le misure di protezione e prevenzione sono adottate al fine di neutralizzare il verificarci di un certo, specifico rischio. Le barriere fotoelettriche a protezione delle presse, ad esempio, hanno lo scopo di evitare la presenza di persone in prossimità del macchinario durante il movimento del medesimo, sicché eventuali manchevolezze del sistema di prevenzione rilevano solo con riguardo a quei rischi e non altri (ad esempio a quello di folgorazione).
Il concetto di rischio esorbitante o eccentrico si rifà a quello della concretizzazione del
rischio e quindi vuole significare che la condotta colposa del lavoratore, per escludere la
responsabilità di altri soggetti ed essere considerata causa unica dell’infortunio, deve
fuoriuscire dall’ambito delle mansioni lavorative, deve insomma essere “avulsa dal
procedimento lavorativo a cui (il lavoratore) è addetto”.
Nella sostanza non cambia molto anche se il mancato riferimento all’imprevedibilità della condotta dell’infortunato come elemento caratterizzante l’interruzione del nesso causale potrebbe lasciar presagire una maggiore elasticità di valutazione da parte dei giudici di merito.
La Corte ricorda però che le norme prevenzionali sono dettate per proteggere il lavoratore dalle sue eventuali negligenze o imprudenze e che in presenza di criticità del sistema di sicurezza approntato dal datore di lavoro, la condotta negligente dell’infortunato non potrà mai esplicare efficacia esimente per gli altri garanti.
Innanzitutto, quindi, si deve essere in regola; poi si potrà valutare l’eventuale rilevanza della condotta dell’infortunato.